ROBOETICA ETICA APPLICATA ALLA ROBOTICA
Antonio Monopoli
UNA PRIMA DEFINIZIONE
ROBOETICA: DEFINIZIONE
Potremmo definire la roboetica quella parte dell’etica che si occupa delle problematiche legate ai robot e alla loro interazione con l’uomo, gli animali, la società, la natura ed il mondo in generale.
UNA PRIMA CLASSIFICAZIONE
Ai fini del nostro studio possiamo distinguere i robot secondo diverse categorie: robot antropomorfi e non antropomorfi, robot con somiglianza agli animali o meno, robot con gradi diversi di capacità di elaborazione, robot con gradi diversi di capacità di interazione con l’ambiente esterno, robot con componenti organiche o meno.
LA NECESSITA’ DELLA RIFLESSIONE ETICA
Nei prossimi anni ciascuno di noi dovrà confrontarsi con i cambiamenti, anche profondi, che la presenza quotidiana dei robot avrà nella nostra vita.
Questo implica la necessità di una riflessione etica per l'orientamento di questo importante sviluppo tecnologico.
http://www.roboetica.it/index_file/Page337.htm,Noviembre 15 de 2007
LA FORMA E LA SOSTANZA
L’ASPETTO ESTETICO DEI ROBOT E LA SUA RISONANZA EMOTIVA
L’estetica ed in particolare l’antropomorfismo o la somiglianza agli animali riveste rilevanza in funzione della risonanza emotiva e culturale che può avere sull’uomo. Da sempre, infatti siamo naturalmente portati ad inferire caratteristiche ulteriori sulla base dell’apparenza, basti pensare all’associazione istintiva tra bellezza e bontà che trova costante conferma nella letteratura di ogni tempo in cui esiste la figura della “bella fatina buona” e della “brutta strega cattiva”. L’elemento estetico, assume quindi una rilevanza cruciale nel momento in cui la nostra mente induce in modo pressoché automatico il nostro atteggiamento nei confronti di chi o di cosa abbiamo davanti.
COERENZA ESTETICA ED ETICA
Una prima indicazione etica può essere, quindi, la coerenza tra aspetto estetico e “programmazione” o “orientamento di base” del singolo robot. E’ eticamente corretto, ad esempio che un automa studiato per aiutare nell’accudimento delle persone abbia un aspetto bello, buono, benevolo, mentre un robot destinato ad avere un compito da noi generalmente collegato con un atteggiamento burbero sia esteticamente serioso ed accigliato Cio’ perché una mancanza di coerenza estetica genererebbe un falso messaggio,o in altri termini una menzogna che trarrebbe in inganno la persona e porterebbe anche un danno di tipo psicologico generando una dinamica di tipo nevrotico a causa del doppio messaggio che ne deriverebbe. Inoltre la possibilità pratica di manovrare a piacimento l’aspetto estetico del robot antropomorfico comporta un innaturale sganciamento tra l’interfaccia ed il contenuto il che genererebbe un’azione di confusione nella normale acquisizione della capacità di inferire le caratteristiche psicologiche dall’aspetto estetico, pur con tutte le eccezioni ed incongruenze che possiamo trovare nelle singole persone. Il concetto generale è quindi che l’apparenza non deve trarre in inganno inducendo inferenze incoerenti con le caratteristiche estetiche del robot.
DUE QUESTIONI PARTICOLARI
Un aspetto interessante che dovrà nel tempo essere valutato è l’influenza dei robot antropomorfi nello sviluppo dell’essere umano. Da sempre i bambini sono accuditi da altre persone che al di là di quella che può essere la loro intenzione individuale consentono in ogni caso una serie di apprendimenti e modellaggi.
L’opportunità dell’accudimento anche tramite robot dovrà quindi essere vagliata in funzione dell’interesse del bambino e della specie umana.
Altra questione è quella della “casa-robot”. E’ nella natura delle cose che si giunga ad una protesizzazione dell’ambiente domestico ed ad una integrazione dei vari elementi, in termini piu’semplici tutti i vari elementi elettronici di un’abitazione saranno tra loro collegati in modo tale da costituire un unico “organismo” che si occupi dell’accudimento delle persone che vi alloggiano, in un’immagine potremmo dire che la casa diventerà un grande robot in cui vivere.
Questo è un pensiero nuovo rispetto a quello a cui siamo abituati, infatti nel nostro attuale immaginario collettivo il robot e’ ancora qualcosa di esterno e separato dal nostro corpo. La “casa-robot” invece ci riporta ad un grande utero che come la mamma si occupa di noi e a cui resteremo legati da un cordone ambelicare telematico anche quando siamo fuori.
http://www.roboetica.it/index_file/Page628.htm, noviembre 15 de 2007
PERCHE´I ROBOT?
INQUADRAMENTO TELEOLOGICO DEL RUOLO DEI ROBOT
Un aspetto che va esaminato è la funzione del robot in un’ottica teleologica umana ovvero delle finalità ultime dell’essere umano (da non confondere con “ottica teologica”, espressione che riguarda tutt’altro tema).
In altri termini perché noi esseri umani dovremmo progettare e costruire dei robot? Che cosa giustifica eticamente questa decisione? La risposta essenziale è che ha per noi un senso fare questo se ci consente di realizzare meglio il nostro essere persone.
NON CADERE IN ANTICHI, MA EVITABILI, ERRORI
Questo implica che non tutti gli usi dei robot saranno eticamente accettabili e, per converso, alcuni usi andranno invece favoriti ed incoraggiati. L’etica non ha la funzione di vietare né di accettare indiscriminatamente, ma di discernere ciò che è buono da ciò che non lo è ed in questa ottica una valutazione etica che orienti la ricerca e l’applicazione tecnologia va fatta a priori onde evitare di cadere in antichi, ma evitabili errori.
DARE UN SENSO ALL’USO DEI FRUTTI DELLA ROBOTICA
Che cosa vuol dire dare senso all’uso dei frutti della robotica nella misura in cui ci aiutano a realizzare meglio il nostro essere persone? Come tutte le espressioni generali è un significante che va riempito di contenuto. Se ci manteniamo in un approccio semplice, almeno iniziale, non è così difficile attribuire alcuni significati.
L’uomo da sempre ha cercato di affrancarsi da alcune attività particolarmente faticose o dannose. Facciamo l’esempio dei procedimenti per alcuni tipi di verniciatura che esponevano chi li eseguiva ad un rischio per la salute: già oggi l’uso dei robot consente di evitare l’intervento umano, e questo e’ un empio di situazione in cui la salvaguardia della salute consente di vivere meglio e realizzarsi. Una questione che ci sarà sempre più in futuro sarà l’aiuto alle persone con handicap sia per motivi specifici sia per l’avanzare dell’età. L’uso di robot o di automatismi anche interagenti direttamente col corpo o nel corpo della persona che ne favoriscano l’autonomia riportando a gradi di normalità altrimenti persi è da considerare in linea generale un fatto positivo. Ho usato volutamente l’espressione “in linea generale”, perché come in ogni ambito di competenza etica anche nella roboetica non si potrà prescindere dalla valutazione di singoli casi senza la quale rischieremmo di applicare in modo improprio un valido criterio generale.
D’altro canto tutto ciò che favorisce l’alienazione dell’uomo andrebbe evitato, pensiamo ad un uso dei robot esageratamente ludico.
Quindi possiamo pensare che il robot dovrebbe essere caricato di tutto ciò che svilisce l’uomo lasciando all’essere umano l’energia e il tempo per occuparsi di cose più elevate.
E’ evidente che questa distinzione sarà fortemente legata alla cultura esistente in un determinato momento: ad esempio la figura del medico che a seconda delle varie epoche storiche è stata attribuita a schiavi o a persone considerate di alto lignaggio, proprio in quanto medici, andrà a confluire, almeno parzialmente, nei compiti dei robot o no?
UNA QUESTIONE CENTRALE
La questione centrale resta comunque quella del livello di interazione con l’uomo e del vissuto soggettivo del robot nella mente umana.
I due versanti della questione sono il vivere il robot come una macchina o l’iniziare a consideralo un collaboratore. Da un punto di vista della psicologia umana, grossa importanza a questo riguardo avranno
1) la forma esteriore
2) la naturalezza dell’interfacciamento (ad es. il linguaggio usato, la prosodica ecc.)
3) la cultura della singola persona.
Non dobbiamo pensare che la forma e l’interfacciamento siano gli unici elementi in gioco; infatti se andiamo indietro nel tempo vediamo che si arrivò addirittura a negare il fatto che le persone di “razza” diversa dalla cucasica (quella cui appartengono gli europei per intenderci) fossero esseri umani, distinzione oggi per noi assolutamente inconcepibile.
L’uso di automi antropomorfi può essere collegata all’idea di schiavitù che grande rilevanza ebbe nel modo antico con un forte impatto sull’economia, sulla qualità della vita della classe dominante e sull’organizzazione sociale in generale
http://www.roboetica.it/index_file/Page529.htm, noviembre 15 de 2007
LA QUESTIONE DELLA
PROPRIETA’
LA SITUAZIONE ATTUALE
Il robot viene a tutt’oggi considerato un bene strumentale, con la conseguente facoltà per il proprietario di farne l’uso che vuole fino a poterlo anche distruggere, sia pur nel rispetto del quadro normativo vigente.
LE PROSPETTIVE FUTURE
Questo concetto che oggi diamo per pacifico e scontato non è detto che rimanga tale. Considerando fatti già accaduti in cui si è invocato, tra il serio e il faceto, finanche il diritto alla libertà dei pupazzi da giardino, è verosimile che col tempo, a torto o a ragione, sorga tra le persone un movimento di pensiero che invochi un’attenuazione dei diritti derivanti dalla proprietà dei robot fino a rivendicare una qualche forma di “diritti dei robot” ed addirittura il diritto alla libertà.
UNA POSSIBILE ANALOGIA
L’analogia che sarà certamente richiamata è quella con la condizione di assoggettamento dell’animale e finanche della condizione di schiavitù dell’essere umano. E’ evidente che perché possa avere una qualche reale motivazione dovremmo riferici a robot estremamente evoluti con capacità, almeno apparente, di assumere decisioni proprie e di avere una “vita psichica” interiore. Il problema potrà essere ulteriormente complicato dal fatto di utilizzare delle reti neuronali, magari costituite anche da materia organica, con capacità di auto organizzazione. Ci troveremo in questi casi di fronte a soggetti dotati di una propria specifica unicità che oggi è una caratteristica dell’essere umano, e che comunque non va confusa con la “personalità”. La maniera in cui sarà affrontata la questione sarà correlata certamente dall’idea che l’uomo ha di sé stesso e dalla cultura di quel momento storico.
http://www.roboetica.it/index_file/Page679.htm, noviembre 15 de 2007
LA QUESTIONE DELLA
RESPONSABILITA’
LA QUESTIONE DELLA RESPONSABILITA’ DEI ROBOT.
Un aspetto di particolare rilevanza etica assume la questione relativa alla esistenza o meno di responsabilità da parte del singolo robot in funzione delle proprie azioni e delle loro conseguenze. E’ verosimile che, con il tempo, si genereranno robot con sempre maggiore capacità di autoapprendimento, “comprensione” ed interazione col mondo esterno; in altri termini avremo dei robot capaci di “decidere” cosa fare in una situazione qualsiasi in cui si venissero a trovare. E’ questa una condizione condivisa con l’essere umano che spesso si trova di fronte a situazioni nuove.
ALTRI SOGGETTI RESPONSABILI
Un problema che potrebbe sorgere è l’eventuale inadeguatezza della risposta con un conseguente danno derivato. In questo caso di chi sarebbe la responsabilità? del progettista del software, di chi ha commercializzato il robot, del proprietario o del robot stesso? e in quest’ultimo caso quale tipo di sanzioni e verso chi dovrebbero essere comminate?
ALCUNE IPOTESI
Immaginiamo che un robot destinato all’accudimento delle persone anziane faccia cadere a terra un assistito creandogli, ad esempio, un danno permanente. Nel caso questo comportamento fosse stato fatto da un assistente umano noi avremmo due responsabili: l’assistente stesso e l’azienda per la quale egli eventualmente lavora.
Nel caso l’operatore fosse un robot potremmo ipotizzare diversi scenari:
1) PRIMA IPOTESI: il robot viene considerato alla stregua di una macchina (ad esempio un tritacarne) per cui la responsabilità non ricade certo su di lui, ma sul suo proprietario e/o sul suo gestore. Il danneggiato, però potrebbe rivalersi su chi gli ha venduto il robot e quest’ultimo a sua volta sull’anello retrostante della catena di commercializzazione fino a giungere ai progettisti e tutto questo a seconda della normativa vigente in ogni singolo paese.
2) SECONDA IPOTESI: Il robot ha una grossa capacità di autoapprendimento e interazione col mondo esterno, e da un punto di vista sociale è ormai condivisa l’idea di una condizione di autonomia operativa di detti robot, per cui il singolo soggetto si evolve in funzione di una propria storia individuale di esperienze e conseguentemente un comportamento dannoso puo’ essere considerato un evento occasionale ed imprevedibile, che non trova correlazione diretta con gli altri robot gemelli. In questo caso si potrebbe invocare la perfetta buonafede di chi ha progettato e commercializzato il robot e considerare l’evento come un fatto imprevedibile ed accidentale. Per evitare, però che alla fine il danno rimanga a carico del danneggiato, sarebbe opportuno prevedere un fondo assicurativo di garanzia, per questi casi. E’ evidente comunque che chiunque sia chiamato formalmente a pagare il premio assicurativo esso alla fine rappresenterà un costo per l’utente finale.
3) TERZA IPOTESI: I robot hanno raggiunto una capacità di “intelligenza” delle situazioni ed interazione col mondo esterno tale da poter decidere in situazioni complesse, vi è inoltre “una vita psichica interiore” capace di generare autonomi criteri di scelta. Questo caso può considerarsi un’evoluzione del punto precedente e forse, con molta cautela potremmo parlare di una situazione di “responsabilità del singolo robot” le cui conseguenze potrebbero essere trattate in maniera analoga, per certi aspetti, a quella di responsabilità di una azienda. In queste condizioni dovrebbe inoltre essere previsto un controllo periodico su ogni singolo robot al fine di prevenire la devianza o l’”impazzimento” del robot.
Ci rendiamo conto che stiamo parlando di scenari futuri, ma l’etica per sua natura ha il dono del poter contribuire a priori all’orientamento delle scelte.
http://www.roboetica.it/index_file/Page992.htm, noviembre 15 de 2007
ROBOT BIOLOGICI
I ROBOT CON COMPONENTI ORGANICHE
E’ verosimile che col tempo, così come si applicano protesi non organiche agli esseri umani, si giungano ad applicare delle componenti organiche ai robot.
Sono diversi anni ormai che si studia la possibilità di computer che abbiano componenti analoghe a quelli delle strutture viventi e pertanto, tecnicamente, non dovrebbero esserci ostacoli insormontabili.
Le strutture biologiche rispetto a quelle meccaniche presentano alcuni vantaggi tra i quali ricordiamo la possibilità di autoriparazione ed una propria “flessibilità” ed adattabilità.
Le strutture meccaniche per contro hanno altri vantaggi quali resistenze a condizioni anche estreme, una vasta scelta tra i tipi di materiale da usare con una conseguente estrema variegatezza delle caratteristiche.
Di per sé, forse, non ci sarebbero particolari problemi ad utilizzare componenti organiche se non fosse per il fatto che gli esseri umani sono costituiti in questa maniera.
ROBOT CON COMPONENTI ORGANICHE CELLULARI
Dobbiamo comunque distinguere due grandi categorie quella di componenti organiche non cellulari e quella di componenti organici cellulari.
In ambito biochimico i componenti organici non cellulari vengono usati da molti decenni e finora non hanno creato particolari problemi di tipo etico. Basti per tutto l’esempio illuminante dell’uso della plastica che chimicamente è un materiale organico.
D’altro canto componenti cellulari sono da noi utilizzati da sempre come ad esempio il legno, i lieviti, le piante e i fiori in generale.
Gli stessi capelli umani,quindi una parte del corpo dell’uomo, sono utilizzati in alcuni strumenti scientifici quale l’”igrometro a capello”
Si tratta però sempre di materiali e di usi che rimangono separati da una distanza incolmabile da quella che è l’idea di corpo umano ed ancor di più da quella che è l’idea di persona.
Da un punto di vista etico grossa rilevanza avrà l’uso di materiale cellulare, di origine animale, vegetale, umano o chimerico dando luogo ad un ampio ambito di discussione
In particolare l’uso di tessuti e materiale cellulare risulterebbe inquietante se utilizzato in un robot antropomorfo.
LA PROTESI CORPOREA
Una situazione particolare che potrebbe crearsi è quella che potremmo definire “della protesi corporea”. Nella nostra cultura il concetto di individualità si va sempre più identificando con il nostro cervello, in parole semplici tutti noi oggi siamo portati a pensare che se anche ci sostituissero un’anca con una protesi, oppure ci applicassero una protesi al seno o una mano artificiale noi resteremmo sempre e comunque noi stessi e ciò fino a quando il nostro cervello fosse in grado di funzionare. Non e’ peregrina quindi l’ipotesi che di fronte a malattie o ad incidenti devastanti per il corpo in cui però almeno la testa o anche il solo cervello si “salvassero” si potrebbe intervenire sostituendo il corpo in parte o totalmente (cervello escluso) con uno “artificiale”.
Eticamente questo tipo di intervento non presenterebbe, paradossalmente, particolari problemi purché rispettasse i principi generali che giustificano l’intervento terapeutico e cioè che ci si trovi realmente di fronte ad una situazione patologica, che l’utilità della terapia ricada sul soggetto a cui si applica, che il tipo di intervento sia proporzionato alla gravità della patologia e che non siano applicabili con analoghe prospettive di guarigione impostazioni terapeutiche meno invasive.
Ci potremmo trovare quindi di fronte a persone con tutto o gran parte del corpo di tipo robotico.
IL RISCHIO EUGENETICO
Ma la questione non si esaurisce certo alla mera ipotesi di incidente. Una particolare questione etica si concretizzerebbe nel caso in cui si volesse sostituire un corpo malformato con uno “normale”ed ancora altra questione sarebbe il desiderare un corpo nuovo solo perché creduto migliore o più bello.
Pensiamo ad esempio alla ricorrente idea del “super-soldato” o della donna dalla bellezza “perfetta” ed inalterabile nel tempo.
E’ evidente che qui veniamo a passare gradualmente dalla idea di terapia a quella di un nuovo eugenismo mediato dalla tecnologia ed occorre ricordare come non sempre tutto ciò che è tecnicamente possibile è eticamente accettabile.
Non è d’altro canto possibile stilare un elenco preventivo di ogni ipotetico caso e del suo grado di ammissibilità bioetica perché ci ingeriremmo grossolanamente nell’ambito della valutazione del caso singolo che è di competenza del bioetico che opera sul campo e che è chiamato a fare le sue valutazioni, pur nel rispetto di principi generali, nel caso specifico.
http://www.roboetica.it/index_file/Page406.htm, noviembre 15 de 2007
CONCLUSIONI
VERSO UNA NUOVA SOLITUDINE?
Una domanda che dovremmo finalmente porci è perché nella fantasia sia individuale che collettiva si percepisca questa forte tensione a realizzare dei robot simili agli esseri umani o agli animali.
Forse una risposta può essere che sempre nel relazionarci con gli altri temiamo da parte loro la non accettazione e l’abbandono, mentre un robot si lega, nella nostra mente, al concetto di obbedienza e conseguentemente ci rassicura sul fatto che non può rifiutarci qualunque cosa facciamo. In qualche modo, quindi, il bisogno di relazionarci con un robot antropomorfico potrebbe essere una risposta “impropria” al nostro bisogno di relazione, accettazione e riconoscimento da parte delle altre persone e forse prelude a nuovi vissuti relazionali soggettivi ed a nuove solitudini oggettive.
LA NECESSITA’ DI UNA RIFLESSIONE AUTENTICAMENTE LIBERA
La strada che si apre dinnanzi alla robotica è soltanto all’inizio e non è possibile per noi vederne tutta la lunghezza tanto che, rispetto alla storia, ci da l’idea più di una semiretta che di un segmento. Noi non sappiamo cosa ci riserverà di fatto in questo campo il futuro né quanto la nostra vita sarà trasformata dalle applicazioni tecnologiche della robotica, ma è realistico essere ragionevolmente certi che ciò avverrà.
Altri aspetti tecnologici del resto oggi consentono e favoriscono la diffusione delle idee e di pensieri che da individuali si fanno sempre più frutto di una riflessione collettiva. E’ certamente giunto da tempo il momento che l’umanità si interroghi nuovamente sui luoghi sociali delle scelte e sui soggetti abilitati a compierli, ma soprattutto sulle ideologie striscianti come il riduttivo utilitarismo o il miope e angusto economicismo, che influenzano la formazione delle idee in maniera subdola formando spesso una cornice culturalmente obbligante nel cui interno vengono ricercate le soluzioni e le indicazioni come se nulla esistesse al di fuori di questi gioghi del pensiero.
L’importanza della robotica e le sue ripercussioni sul futuro dell’intera umanità, quindi, richiedono innanzitutto che la riflessione vada orientata in maniera libera da condizionamenti storicamente contingenti facendo appello all’intelligenza più profonda ed autentica dell’uomo ed avendo dinnanzi la Persona come metro universale per le difficili scelte che ci attendono.
http://www.roboetica.it/index_file/Page852.htm, noviembre 15 de 2007
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ROBOETICA ETICA APPLICATA ALLA ROBOTICA
domingo, 12 de julio de 2009
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ANDROIDES - HUMANOIDES Y CYBORG'S
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Beatriz Campillo
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